Quando si giunge al termine di un percorso nutrizionale oltre alla soddisfazione di aver raggiunto l’obiettivo della perdita di peso, si instaura un’altra emozione, quella della paura.
Uno dei pensieri ricorrenti, infatti, alla fine di una dieta è la paura di riprendere i chili perduti.
Dopo un piano nutrizionale volto ad una iniziale fase di maggiore restrizione per indurre alla perdita di peso, si passa alla cosiddetta fase di mantenimento, per mantenere, appunto, il goal prefissato.
Finalmente si è meno vincolati, in questa fase è permesso maggior libero arbitrio, ma accade che non ci sappiamo regolare. Fino a quel momento abbiamo seguito uno schema ben preciso, in autonomia ci sentiamo perduti.
Purtroppo non sempre i piani nutrizionali educano, ma si limitano ad indicare cosa mangiare e le quantità corrispondenti.
Da soli non siamo in grado di gestirci, perché fino a quel momento non abbiamo seguito il nostro senso di fame e sazietà, ma semplicemente l’elenco di alimenti decisi da qualcun altro al nostro posto con il mero obiettivo della perdita di peso.
Con la dieta si riduce tutto a questo. Non si conosce la composizione degli alimenti, non si comprende che necessitiamo di tutti i macronutrienti e viviamo nella convinzione che meno è meglio.
Così, svincolati dal piano alimentare e liberi dalla morsa del controllo mensile, iniziamo la nostra avventura.
Si inizia a tagliare, si predilige la frutta alla pasta, si mangia il gelato sostituendolo ad un intero pasto. Non sappiamo gestire gli eventi sociali.
Abituati alla tradizionale pizza del sabato sera prevista dal piano, nel momento in cui ci svincoliamo da queste direttive e le occasioni sono varie, entriamo nel panico e scatta il pensiero tutto-o-nulla.
Si possono instaurare pensieri del tipo: “O non mangio nemmeno una caramella per tutta la settimana, oppure la mia dieta è inutile”, “O raggiungo questo peso corporeo, oppure non sarò mai in forma”, “Ho mangiato un cioccolatino, ormai la mia dieta è stata compromessa e per il resto della settimana tanto vale mangiare quello che voglio” (Williamson et al., 2004; Baumeister & Harter, 2007).
Ecco quello che può accadere. Accade ciò in virtù del fatto che si vive l’alimentazione come mezzo per raggiungere degli obiettivi in termini esclusivamente fisici, si ha paura del cibo o si sottovaluta il suo potere.
Non possiamo certamente rinunciare agli aperitivi, alle cene e alle uscite: crediamo, altrimenti, di non vivere appieno.
Qualora sia possibile programmare iniziamo a ridurre giorni prima in vista di un evento importante, ad esempio.
Ma si sottovaluta la concezione in base alla quale abbiamo bisogno di mangiare ogni giorno anche in previsione di un evento, anche se il giorno prima abbiamo mangiato un po’ di più e oggi la bilancia segna qualche etto in più.
Ecco l’importanza della piena connessione, dell’ascolto dei segnali interni e dell’autoregolazione.
Alla volte perdiamo il controllo a causa delle continue restrizioni che ci autoimponiamo, crediamo che esistano categorie di cibi da bandire e non comprendiamo che anche le proteine fanno ingrassare, ad esempio.
È l’eccesso che non va bene. La moderazione è, invece, la chiave.
Non è necessario restringere per poi esagerare. Non è necessario rinunciare per poi ossessionarsi.
Un piano nutrizionale è fine a se stesso e circoscritto ad un determinato periodo, ma abbiamo mai pensato nel lungo termine?
La maggior parte delle persone ha seguito diete per tutta la vita, è passata da un piano alimentare ad un altro, con la speranza, ogni volta, che fosse quello giusto e miracoloso.
Ciò che è giusto per noi stessi lo possiamo sapere solo noi, conosciamo i nostri pensieri e le emozioni e le reazioni a tutto ciò.
Il percorso di Mindful Eating viene in soccorso a questo: nel momento in cui non si è in grado di fornire una spiegazione a comportamenti, talvolta, disfunzionali o si sente la necessità di mettere in atto un cambiamento (da un punto di vista alimentare, in questo caso), si può imparare l’arte della consapevolezza, grazie alla quale si pone attenzione a tutto ciò che è degno di importanza (come le emozioni) e fornendovi una risposta adeguata.