Negli anni l’atto del mangiare ha acquisito significati vari rappresentando altrettanti simboli. Dal semplice sostentamento, nutrimento, sopravvivenza, mangiare rappresenta la personalità, descrive i gusti di ciascuno e funge da mezzo per le relazioni sociali.
Se da un lato il cibo, e quindi mangiare, è legato al piacere, alla gioia, alla convivialità, dall’altro lato rappresenta un vero e proprio incubo.
Oggigiorno si mangia per moda, per compagnia, per mantenere un mero aspetto estetico, la spesa è diventata una missione alla ricerca di un determinato prodotto bio, light, no carbs, no fats, sugar free e chi più ne ha più ne metta.
Fare la spesa, alle volte, richiede un capitale, si spende troppo e si torna a casa con poco, o con molto poco. Ci perdiamo tra gli scaffali a studiare le etichette (ottima abitudine!) affinché trovare un’alternativa o un sostituto del nostro dolce preferito.
A volte, per molti, mangiare può rappresentare un vero e proprio compito di matematica: calcoli e analisi delle calorie contenute in quel piatto e di quelle ingerite, e si va, così, di somme e sottrazioni e di ripartizioni di macronutrienti.
Anche il gusto ne è coinvolto: diciamo no a una determinata categoria di cibi, oppure crescendo rifiutiamo un particolare cibo perché collegato a un’esperienza passata o ad una parvenza di gusto assaporato durante l’infanzia.
La Mindfulness, a riguardo, afferma che è necessario guardare ogni cosa, ogni esperienza, ogni sapore, ogni cibo, come se fosse la prima volta. Prendiamo esempio dai bambini: mangiano con le mani, osservano, giocano, sperimentano e valutano. Se apprezzano continuano a mangiare, se non è di loro gradimento lo lasciano.
Dovremmo imparare da loro: vedere ogni momento della vita come unico e irripetibile e viverlo in quanto tale, abbandonare ogni aspettativa ed essere aperti a nuove possibilità.
Con il cibo funziona allo stesso modo, e in questo la Mindfulness e la Mindful Eating insegnano ad assaporare ed esperire i cibi come se fosse la prima volta: li si osserva, si annusano, si assaporano e si nota la consistenza, consapevoli momento per momento.
Può accadere che alcuni cibi che si reputavano squisiti o viceversa, nel riassaporarli consapevolmente facendo attenzione all’esperienza presente come se fosse nuova, si riscoprono avere un diverso sapore.
Imparare a vivere ogni momento della vita, l’esperienza col cibo, l’atto del mangiare, come un’avventura, è un atteggiamento che libera la mente da ogni schema, condizionamento e pregiudizio. È un modo fresco di affrontare le cose senza il peso del passato, dell’ideale e dell’esperienza. Questo, tuttavia, non vuol dire ignorare il bagaglio esperenziale, piuttosto permette di uscire dalla classica comfort zone e di non rimanere intrappolati nella routine della quotidianità.
Dovremmo ricordarci dei bambini: la mente inesperta, ingenua, senza prospettive e che si lasciano sorprendere sempre e con poco; non hanno aspettative e valutano momento per momento.
Lasciamo cadere ogni etichetta, non c’è cibo buono o cattivo, non ci sono calcoli da fare o prove da superare, semplicemente abbiamo la possibilità di rendere ogni momento, ogni piatto, ogni boccone unico, un’esperienza nuova e irripetibile, decidendo noi e solo noi cosa, quando e quanto mangiare, ma solo dopo aver sperimentato slegandoci e superando gli schemi della nostra vecchia mente.