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LO STRAORDINARIO FASCINO DELL’ORDINARIO: IL FANTASTICO MONDO DELLA PITTURA NAIF RACCONTATO DAL PITTORE NERETINO MAURIZIO MAGLIO

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L’appuntamento è fissato in una caffetteria neretina, davanti ad uno di quei caffè che Luciano De Crescenzo definiva come “una scusa, una scusa per dire ad un amico che gli vuoi bene”.

Qui conosciamo un po’ meglio un nostro concittadino, Maurizio Maglio, 57 anni, che ha fatto della sua passione per la pittura qualcosa di più che un semplice hobby del dopolavoro. Nato a Nardò, emigra in Germania, dove trascorre i primissimi anni della sua vita, per poi tornare in città, adolescente, con la madre. La sua vita è costellata di esperienze lavorative fuori regione, salvo poi rientrare ancora e stabilirsi a Nardò definitivamente, dove svolge per anni la professione di operaio presso una azienda locale. Qui l’incontro, all’età di 33 anni, con un collega che dapprima gli parla, poi lo indirizza, verso la pittura. Da lui impara i primi rudimenti sulla prospettiva, la preparazione delle tele, i primi esperimenti stilistici.

Il genere pittorico a cui Maurizio fa riferimento è il naïf, termine di origine francese che tradotto in italiano significa “semplice”, “primitivo”, “ingenuo”. Caratteristica comune a tutti i pittori naïf è la creatività istintiva, non supportata da una formazione scolastica o accademica, ma libera di esprimere il proprio sentire, spesso collocato in un mondo fantastico, onirico ed immaginario. E Maurizio, infatti, è un autodidatta puro.

Gli chiediamo se ha ricordi scolastici legati ad una naturale inclinazione vero le arti figurative. Sorride. Ci racconta un aneddoto curioso: durante la frequentazione della scuola media, il professore di storia dell’arte dà alla classe il compito di rappresentare una natura morta, una foglia. Lui svolge il compito ed il maestro rimane colpito dalla sua bravura, complimentandosi, e definendo il lavoro “un’opera d’arte”. Ce lo racconta con uno spontaneo “orgoglio naïf”, ci piace dire, perché subito dopo ci confida che fu la prima, e forse unica volta, che un professore gli fece un complimento legato alla sua carriera scolastica, non propriamente brillante, evidentemente.

“All’inizio del mio percorso artistico” – ci dice – “venivo quasi deriso per questa mia passione per la pittura. Ma non mi curavo di questi giudizi frettolosi e superficiali. Anzi, forse inconsciamente mi aiutavano a continuare: per me la pittura ha sempre rappresentato una porta verso un mondo parallelo, un modo per estraniarmi dalla durezza dei turni di lavoro, dalla routine quotidiana, un ponte che mi portava dritto ad un mondo fatto di emozione pura”.

Come è iniziata ufficialmente la tua carriera pittorica?

“Nel 2014 partecipai ad un concorso per la selezione di espositori all’EXPO di Verona. Il selezionatore era Paolo Levi, critico, giornalista, saggista, curatore d’arte. Fui scelto per esporre e quella fu la mia prima grande vetrina per farmi conoscere al di fuori della nostra provincia. Fu un autentico trampolino di lancio, perché poi cominciarono ad invitarmi anche altrove”.

Quali sono state le tue principali esperienze espositive?

“Prima dell’EXPO di Verona avevo partecipato ad alcuni appuntamenti locali, a Copertino, Matino, Gallipoli. Uscire fuori regione, essere selezionato per un evento così importante, mi ha poi aperto molte strade successivamente. L’anno dopo ho esposto le mie tele alla Biennale di Palermo e partecipato alle premiazioni al Teatro Politeama, con personalità di spicco come lo stesso Levi, Vittorio Sgarbi, con la partecipazione di personaggi del mondo dello spettacolo come Piero Chiambretti, il maestro pianista e compositore Giovanni Allevi. Conoscenze che mi hanno arricchito come persona e come artista. Memorabili le esperienze all’estero, quella di Katowice, in Polonia, alla X Edizione della Mostra Internazionale “Artnaïffestival”, presso la Galleria Szyb Wilson, soprattutto per il significato simbolico che ha rappresentato esporre nell’Est Europa, autentica culla del genere naïf degli anni ’70, epoca del cosiddetto “boom del Naïf slavo”, croato in particolare, della Scuola di Hlebine e del caposcuola Ivan Generalic.

Come nasce la pittura naïf?

 Tutti i critici d’arte, ma anche chi ha recensito le mie tele senza avere esperienze artistiche legate al mondo della pittura, dice che le mie opere trasmettono sensazioni di un mondo fantastico, onirico. I miei quadri effettivamente riflettono i trascorsi infantili contadini, legati alla terra, alla raccolta del tabacco, alla mietitura del grano. I paesaggi sono sempre bucolici, impregnati di una spontanea semplicità contadina. Le estati trascorse a contatto con la natura, lontano dalle contaminazioni cittadine legate alla modernità, hanno molto influenzato il mio stile pittorico. La pittura naïf nasce dall’esigenza di vivere a pieno questo sogno, questo smaterializzare la propria persona e stendere un ponte verso un mondo immaginario, idealizzato, ideale se vogliamo. L’atto semplice e primordiale dell’andare a prendere l’acqua dalla cisterna, ad esempio, cosa che facevo ogni giorno con mio fratello; cisterna che fungeva anche da frigorifero, dove si appendeva la carne e le merci deperibili perché stessero al fresco, prima che l’energia elettrica e gli elettrodomestici spazzassero via la magia di questi atti elementari, genuini, autenticamente umani. Questo dà origine alle mie rappresentazioni.

Cos’è per te l’Arte? Cosa rappresenta?

Ti rispondo con un esempio: hai mai osservato una macchia di umidità sui muri o sulla facciata di un edificio? Per alcuni sono solo aloni senza forma, altri ci vedono figure, animali, alcuni raffigurano volti sacri, di Gesù, della Madonna. Io stesso ho fatto diversi esperimenti, che ho poi trasformato in opere: ho fatto cadere gocce di colore su una lastra per radiografie, l’ho capovolta su un cartoncino bianco ed ho tirato via la lastra: su quel foglio restano impresse delle immagini: un volto, figure di donne, un Crocifisso… L’artista è chi guarda! Ognuno coglie impressioni e figure diverse asseconda della propria sensibilità. L’atto stesso di interpretare una figura o di cogliere in un’espressione, in un contorno o in qualcosa di fisico un significato metafisico eleva chi guarda al di sopra, al di là delle apparenze, lo trasporta in un mondo immaginario, fantastico, anche irreale se vogliamo. Quella è Arte.

Hai ricevuto tanti riconoscimenti, scorrendo il tuo curriculum si resta impressionati dalla ricchezza e varietà di esperienze. A quali di esse sei maggiormente legato?

Ho scritto e pubblicato un libro di poesie, al quale sono molto legato, dal titolo “Pietre e Nuvole”. Nel 2017 ho ricevuto una laurea honoris causa conferitami dall’Accademia internazionale dei Dioscuri “per aver contribuito a divulgare con grande successo la cultura dell’arte in Italia ed all’estero”. Sempre nel 2017 e poi nel 2019 ho partecipato a due edizioni dell’annullo filatelico allo Spoleto Art Festival. Sono stato premiato in decine di occasioni in altrettante mostre ed esposizioni nazionali ed internazionali. Farò parte degli artisti presentati al “Los Angeles Art Show” e sarò citato prossimamente in un numero speciale in lingua inglese, curato da Paola Biadetti, della prestigiosa rivista “Go Magazine”, che si occupa di approfondimenti sul mondo dell’arte.

Ogni persona incontrata in questi anni mi ha trasmesso qualcosa. I grandi personaggi sono anche i più umili e spesso si resta sopresi dalla differenza che c’è tra l’immaginario collettivo, che li descrive come inarrivabili, e la realtà, fatta di tanti incontri speciali. A volte il vero artista è il tuo vicino di casa, una persona che svolge con onestà e professionalità il proprio lavoro, eccellendo, è a suo modo un artista! Svolgere l’ordinario in modo straordinario, questa è la vera arte. Non dimenticherò mai, ad esempio, per citarne uno, la figura di Vittorio Cazza, un artista neretino genuino, semplice, umile, ma di grande impatto simbolico per me. Ogni tanto, mentre gli parlavo, lui sembrava assentarsi, in quel momento la sua mente viaggiava in un mondo parallelo, sinonimo questo di grande sensibilità. E’ questo che mi piace più di tutto.

Ci sarebbe ancora tanto da dire, per ore, ma chiudiamo questo nostro incontro con uno sguardo rivolto al futuro, alle nuove generazioni: cosa ti senti di dire, di suggerire magari, ad un ragazzo che voglia approcciarsi al mondo dell’arte e della pittura?

Ho avuto modo di incontrare alcuni ragazzi qualche anno fa in occasione di un progetto sociale portato avanti in collaborazione con la Caritas e le Suore Marcelline: consisteva in alcune lezioni di approccio alla pittura rivolte a ragazzi che provenivano da famiglie svantaggiate. Spesso questi adolescenti non avevano gli strumenti teorici e culturali adeguati neppure per approcciarsi al mondo delle arti figurative in genere, non essendo peraltro minimamente supportati dalle famiglie, lontane o addirittura completamente assenti. Non è andata a finire benissimo, ma ci abbiamo provato. Ai ragazzi dico di seguire gli istinti e le passioni e non rimanere legati alle cose terrene, materiali, che sono sì importanti, ma non essenziali. La vera pittura – questo lo diceva Picasso – è quella dei bambini, non ancora contaminata dai condizionamenti sociali. Dal segno tracciato dai bambini su un foglio, dalla dimensione delle figure, dalle forme, dai colori utilizzati, si possono capire le loro emozioni ed interpretare i loro sentimenti profondi. La società non li ha ancora assorbiti, omologati. Fermatevi ogni tanto a contemplare le meraviglie della Natura, perdetevi in un viale alberato, fatevi catturare dalla Luna! Il titolo del mio libro di poesie è “Pietre e Nuvole”: le pietre simboleggiano le persone troppo legate alla terra, fisicamente ed idealmente ancorate ad una visione materiale e immobile; siate nuvole, imparate a sognare e perdetevi, ogni tanto, negli infiniti meandri della vostra fantasia.

Se vi abbiamo incuriosito, vi invitiamo a visitare il suo profilo Facebook, dove sono presenti tante altre curiosità, appuntamenti, ed una vasta carrellata di tutte le sue opere, alcune delle quali in vendita.

GIUSEPPE SPENGA

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