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CIAO CRISTIAN

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Affetto da una gravissima malattia sin da ragazzo, ha sempre rinunciato all’indennità di accompagnamento perché voleva lavorare, provvedere a se stesso ed affermarsi come artigiano e artista. Poi la cura, la speranza, la morte improvvisa. Infine il dono degli organi, riflesso di una vita generosa.

Libero, fino alla fine.

Cristian Calignano, quarantenne di Nardò, ha accusato un malore giovedì scorso. I suoi familiari lo hanno trovato esanime. La corsa in ospedale si è rivelata inutile perché, nonostante il ricovero nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Lecce, i medici hanno rilevato la perdita dell’attività cerebrale a causa di una profonda emorragia.

La sua storia viene raccontata, in queste ore, nelle piazze reali e virtuali da centinaia di persone che l’hanno conosciuto. Vere e proprie veglie di ricordo e preghiera in cui l’impegno sociale e la voglia di vivere del giovane artigiano sono raccontate.

Affetto da una grave malattia ereditaria del sangue, la talassemia, Calignano aveva sempre rivendicato il suo diritto di affermarsi e lavorare. Per questo motivo, sin da giovanissimo, aveva rinunciato a forme di assistenzialismo da parte dello Stato preferendo evitare di ricorrere all’indennità di accompagnamento per tirare avanti. Oltre 500 euro che avrebbero fatto comodo a chiunque, anche poi praticando lavoretti saltuari. Ma lui no, ha sempre preferito affermare il suo diritto di sentirsi persona normale, in grado di lavorare e provvedere a se stesso con la propria attività. Che, da qualche anno, procedeva senza intoppi con lo studio Urban982, un piccolo laboratorio da “inventore”.
Un creativo dotato di inventiva e manualità in grado di giostrare con le arti visive, con l’elettronica, con la grafica e la pubblicità. Ogni oggetto costruito da Cristian Calignano si animava di forza, personalità e creatività. L’ultima impresa era diventata un corpo a corpo, un “combattimento” con una lampada creata da lui e che doveva, si sarebbe dovuta plasmare, intorno al disegno che lui aveva per quell’oggetto, apparentemente inanimato.

Nelle ultime settimane, poi, la speranza alimentata da una cura speciale per la sua malattia aveva dissipato quel velo di tristezza ed introversione che a volte era possibile intravedere. E la gioia per questa novità così incoraggiante si sommava, come cifra umana, al rispetto verso gli altri.

Fondatore del circolo Arci di Nardò, spesso impegnato nelle battaglie civili della sua zona e osservatore acuto delle vicende politiche, faceva dell’attenzione al prossimo, chiunque fosse, un valore fondante del suo vivere quotidiano. “Fratelli”, dunque, che fossero di colore diverso, di credo differente, anche politico o religioso. A lui non importava: erano fratelli.

E così è finita, se di fine si può parlare e non di un nuovo inizio. Di un riflesso di una vita dignitosa e generosa. Altri “fratelli” riceveranno il suo fegato, i reni, le sue cornee. Già espiantate per vedere il mondo, presto, coi suoi occhi. Poi, stamattina, anche il cuore, non appena una équipe di cardiochirurghi di Udine sarà a Lecce per procedere al nuovo intervento.

Oggi, 10 ottobre, saranno celebrati i funerali nella parrocchia Santa Famiglia della sua città, circondato – come appare spesso in tantissime foto – da tutti i suoi amici.

LA REPUBBLICA

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