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STORIA DELL’ISTITUTO – INAUGURAZIONE DELL’EDIFICIO SCOLASTICO

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La seconda puntata a cura di Mariella Adamo.

Sabato 28 ottobre 1933, in ricorrenza dell’Anniversario della Marcia su Roma, le attività didattiche furono sospese per l’inaugurazione dell’Edificio Scolastico.

Tutti gli scolari, Piccole Italiane, Piccoli Balilla, Avanguardisti,  Insegnanti, Direttore Didattico, Segretario Politico, Autorità locali,  popolo fascista con bandierine e gagliardetti, si recarono in Piazza Salandra, dove il Segretario Politico lesse il Messaggio del Duce.

Terminata la cerimonia, si avviarono in corteo verso il nuovo Edificio Scolastico, accompagnati dalla banda, che eseguì la Marcia Reale, Giovinezza e il Piave. S.E. Monsignore Gaetano Müller benedì la scuola. Il delegato di Mussolini, si affacciò sul balcone per salutare i partecipanti, che con entusiasmo, inviarono simbolicamente al duce il loro “alalà”, grido di esultanza e di fede.

Finalmente Nardò aveva una scuola con aule spaziose e arredate, aula magna, ufficio del Dirigente, cortile interno ed esterno e un refettorio situato nel seminterrato. Non esisteva l’ufficio di segreteria. Di solito un insegnante era delegato ai servizi di segreteria per  compilare le iscrizioni o altro, secondo le disposizioni del Direttore.

Dal 1941 al 1945 l’Edificio scolastico fu trasformato in presidio militare e gli alunni frequentarono nei locali di San Domenico, nel 1946 tornò ad essere di uso pubblico.

La sirena (congegno elettrico installato  sulla sommità della scuola nel 1941) inizialmente aveva la funzione di segnalare l’avvicinarsi di un’incursione aerea nemica per cui i neretini si rifugiavano nei sotterranei dell’edificio, dove c’era il refettorio. Terminata la guerra la sirena è stata utilizzata per scandire giornalmente e puntualmente, l’inizio e la fine delle lezioni di intere generazioni di scolari fino alla fine degli anni ’60. Alle ore 8.00, al suo suono forte e stridulo, gli alunni radunati nel cortile antistante, si componevano in fila, e guidati dai maestri, salivano le scale che portavano alle aule.

Nel mese di settembre gli alunni, che presentavano delle difficoltà o erano stati rimandati, sostenevano un esame riparatore o integrativo.

Le lezioni iniziavano il 1° ottobre e terminavano a giugno. I bambini che iniziavano la prima elementare erano detti Remigini poiché il 1° ottobre si festeggiava San Remigio . I Programmi Scolastici  per la classe 1^ prevedevano  Religione; Canto; Disegno e Bella scrittura; Lettura espressiva e Recitazione; Lettura ed Esercizi di Lingua Italiana; Aritmetica; Nozioni varie; Giochi di Intelligenza; Ginnastica; Lavoro Manuale e Giardinaggio. Per i bambini il lavoro manuale riguardava attività come traforo sul legno e, comunque, le prime nozioni di un mestiere. Per le bambine riguardava lavori donneschi come l’utilizzo di ago, ditale, forbici, fili; si insegnavano i primi punti di ricamo e cucito. Per quanto riguarda la definizione generica di “Nozioni Varie”, questa si articolava poi in diversi generi quali per esempio: “Nella Vita”, si insegnava ai bambini a saper esprimere con gli altri le proprie “Generalità”; a fare sempre il proprio dovere con amore, compostezza e rispetto per la strada; l’importanza del saluto. Religione si insegnava in tutte le classi; Canto dalla 3^ in poi; Disegno e Bella scrittura dalla 3^ in poi; Lettura espressiva e Recitazione dalla 3^ in poi; Ortografia era riservata alle sole classi 2^ e 3^; Lettura ed esercizi scritti di lingua per tutte le classi; lo stesso per Aritmetica e Contabilità. Nozioni Varie e Cultura Fascista erano riservate alla 1^, 2^ e 3^ classe; Geografia dalla 3^ classe in poi; Storia e Cultura Fascista si insegnava dalla 4^ in poi; Nozioni di Diritto ed Economia solo in 5^; Educazione Fisica dalla 3^ in poi; Lavori Domestici e Manuali interessavano tutte le classi così come l’insegnamento di Igiene e Cura della persona.

La prima attività eseguita ogni giorno era il controllo igienico. L’insegnante verificava la pulizia del viso, delle mani, delle unghie dei propri alunni e si accertava che fossero ben pettinati, in particolare le bambine, che se avevano i capelli  lunghi, dovevano arrivare a scuola con le trecce molto strette. Il controllo era scrupoloso e molto importante perché a quel tempo erano diffusi la scabbia e i pidocchi per i quali non esistevano prodotti specifici per la cura, se non i lavaggi con l’aceto caldo e il petrolio. Finita “l’operazione di controllo”,  iniziavano le lezioni vere e proprie. 

Le classi erano formate da alunni dello stesso sesso, in genere 30-40 ed erano guidate da un solo insegnante.

I metodi educativi erano molto rigidi tanto che l’insegnante puniva i propri alunni perfino fisicamente. Le punizioni tipiche di quell’epoca erano  bacchettate sul palmo delle mani, ceffoni, in ginocchio sui ceci dietro la lavagna, faccia al muro, mani alzate sulla testa, giro delle classi con addosso le orecchie d’asino. I metodi di valutazione si basavano sulla capacità dell’alunno di eseguire i compiti in classe e a casa, sulle interrogazioni e sul comportamento. Era una scuola molto selettiva per cui solo i più bravi potevano andare avanti. La divisa scolastica era composta da un grembiule nero per le bambine e da una blusa nera per i bambini ornati di colletto bianco e fiocco bianco. Il corredo scolastico era composto dal Testo unico di Stato, quaderno a righi e quaderno a quadretti con copertina nera o inneggiante il duce, astuccio di legno che conteneva penna e pennini, matita, gomma e matite colorate. A volte il coperchio dell’astuccio era graduato e serviva anche come righello. Il tutto era tenuto insieme da un elastico o riposto in una cartella di cartone o di tela. Per il calcolo i bambini utilizzavano ceci, fave, sassolini.

Le lezioni iniziavano alle 8,00 e terminavano alle 12,30 da lunedì a venerdì. Il sabato le Piccole Italiane, i Piccoli Balilla e gli Avanguardisti, accompagnati dai maestri si recavano al campo sportivo indossando la divisa. Le Piccole Italiane indossavano  berretto in maglia nera con un bottone che fermava le estremità, camicetta a maniche lunghe in piqué bianco e gonna plissettata in tessuto nero. I Piccoli Balilla indossavano pantaloncini grigio-verde,  camicia nera, fez, cioè un cappellino con delle frange laterali, fazzoletto blu legato al collo e sul fazzoletto un grosso medaglione in metallo dorato raffigurante il Duce. Gli Avanguardisti indossavano calzoni alla zuava, giacca militare grigioverde, cappello da alpino, fasce ai polpacci e scarponi. Nel campo sportivo eseguivano i saggi ginnici per mantenersi in forma e per dare sfoggio delle proprie abilità. Alla fine tutti venivano premiati con un tipico dolce del nostro territorio, la bocca di dama.

Nel periodo fascista l’educazione e la pratica sportiva ebbero un ruolo fondamentale. Lo sport era uno degli strumenti più validi ed efficaci per assicurare la grandezza della Patria.

L’anno scolastico era diviso in bimestri e alla fine veniva rilasciata la pagella, del costo di una lira. Sul retro della pagella erano indicate le avvertenze per i genitori e i doveri per gli alunni. Il giudizio era espresso in voti da 0 a 10 oppure con giudizi quali insufficiente, sufficiente, buono, lodevole. Grande importanza aveva il voto in condotta. Non esistevano le gite scolastiche e neanche i colloqui con i genitori, che erano convocati dagli insegnanti solo in caso di scarso rendimento degli alunni.

Durante l’anno si verificavano le assenze “collettive”, soprattutto in autunno e in primavera (periodi di grande lavoro in campagna), in quanto le femminucce restavano a casa per svolgere  le faccende domestiche  o per badare ai fratelli minori e i maschietti aiutavano i genitori nei lavori nei campi.

La situazione economica era grave: dominavano  una realtà povera, legata al lavoro agricolo e un modello familiare molto rigido con un attaccamento morboso al lavoro, unico sostentamento per sopravvivere. L’istruzione era un lusso, che non tutti potevano permettersi perciò erano numerosi i casi di abbandono scolastico.

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