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DUE ANNI PRIGIONIERO DEI NAZISTI, A NINO PAGLIULA SARÀ INTITOLATA UNA VIA

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La giunta comunale ha scelto, non a caso, i giorni di vigilia della Giornata della Memoria per intitolare una via a Nino Pagliula, un neretino che visse l’atroce sofferenza della prigionia in un campo nazista tra il 1943 e il 1945. La delibera n. 20 del 25 gennaio, infatti, ha raccolto la segnalazione della signora Rachele Tollemeto, insegnante in pensione, che ha ripercorso la sua vicenda personale chiedendo appunto di intitolare una via a un grande neretino del secolo scorso.

“Abbiamo scelto la Giornata della Memoria – spiega il sindaco Pippi Melloneperché ci sembrava giusto fare un gesto concreto per la “memoria”, per onorare e far conoscere la vicenda di un neretino che ha fatto la guerra e conosciuto la prigionia nazista. Nino Pagliula fu un soldato dalla grande forza d’animo e dall’amore sconfinato per la sua Patria”.

Nato a Nardò il 22 aprile 1914, il contadino Antonio “Nino” Pagliula fu chiamato a 19 anni al servizio di leva. Richiamato alle armi nel 1936 con il titolo di caporale, nel 1940 fu inviato in Albania. L’8 settembre 1943, in Grecia, fu catturato dalle truppe tedesche, deportato in Germania e internato appunto in un campo di concentramento nazista, da cui fu rimpatriato a Nardò solo il 24 Agosto 1945. Nel 1972 è stato insignito della “Croce al Merito di Guerra per internamento in Germania”. Nel 2007, all’età di 93 anni, si è spento nella sua città. Nel 2013, in occasione del 67esimo anniversario della Fondazione della Repubblica, è stato insignito, alla memoria, della Medaglia d’Onore del Presidente della Repubblica per “essere stato deportato o internato nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale”.

 “Nino Pagliula – spiega l’assessore alla Toponomastica Stefania Albanoè stato uno degli oltre 600 mila internati militari italiani, catturati dai tedeschi e trasportati nei campi di prigionia e di lavoro del Reich nel 1943, all’interno dei quali molti trovarono la morte. È stato senza dubbio un grande neretino, che conobbe la triste sorte della prigionia per la sua fedeltà di soldato, per aver agito con dignità allo sfacelo delle forze armate dopo l’Armistizio e per essere stato abbandonato dal suo comando. Riteniamo questo riconoscimento doveroso, anche per tenere viva una preziosa memoria che rischia di perdersi”.

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